La previdenza si può vedere come una “casetta” che, per stare in piedi, ha bisogno di 3 pilastri.
Primo Pilastro
Il pilastro fondamentale è la previdenza obbligatoria, quindi l’INPS o le altre casse professionali a cui sei obbligato a pagare i contributi per poter poi andare in pensione e ottenere un assegno pensionistico.
Sistema contributivo
Conoscere bene come funziona la previdenza obbligatoria ti permette di cominciare a pensare e ad agire in modo consapevole per il tuo futuro.
Chi ha cominciato a lavorare dal 1996 in poi avrà una pensione calcolata interamente con il sistema contributivo.
Con il sistema contributivo, dobbiamo aspettarci assegni pensionistici molto più bassi rispetto al nostro ultimo stipendio perché il sistema è concepito per ridarci un assegno pensionistico correlato a ciò che abbiamo versato nel corso della nostra vita lavorativa.
Quindi, molto semplicemente, meno versi finché lavori, maggiore sarà il divario tra il tuo ultimo reddito e l’assegno pensionistico.
I contributi vanno versati per l’intera durata della vita lavorativa e sia i lavoratori autonomi, sia i liberi professionisti, provvedono da soli al versamento dei propri contributi, pagandoli attraverso gli F24.
Dove vengono fisicamente versati i contributi previdenziali dei liberi professionisti e degli autonomi?
INPS
I lavoratori autonomi versano nella Gestione Separata dell’INPS, oppure nella Gestione Artigiani e Commercianti sempre dell’INPS.
Casse di previdenza private
I Liberi professionisti spesso versano in casse previdenziali diverse dall’INPS, appositamente costruite per la specifica professione svolta.
Ecco qualche esempio:
- I giornalisti versano alla cassa INPGI;
- Gli avvocati hanno la Cassa Forense;
- I medici versano i contributi a ENPAM;
- I farmacisti a ENPAF;
- Gli psicologi a ENPAP;
- Gli architetti e gli ingegneri versano a INARCASSA..
Esempi di contribuzione
Prendiamo come primo esempio la Cassa Artigiani INPS a cui gli artigiani devono versare il 24% del loro reddito in contributi previdenziali.
Quindi se un artigiano dichiara 50.000 €, i suoi contributi saranno il 24% di quei 50.000 €, dunque 12.000 €.
Inoltre c’è un minimo da versare.
Se, infatti, un artigiano dichiara 10.000 €, i suoi contributi non saranno il 24% dei 10.000 €, cioè 2.400 €.
Infatti, il contributo previdenziale minimo è il 24% di 18.555 Euro, importo che corrisponde, a sua volta, al reddito minimo annuo stabilito per il 2025, su cui viene calcolata l’aliquota contributiva.
Quindi, nell’esempio dei 10.000 €, il contributo minimo, per quest’anno, è di 4.453 €.
Vediamo ora un esempio di cassa di previdenza privata per liberi professionisti: Inarcassa, la cassa degli Ingegneri e architetti.
Nel 2025 la percentuale da applicare sul reddito professionale netto del 2024 è il 14,5% fino a 142.650,00 € che è la soglia massima di imponibile previdenziale.
Inarcassa dà ai suoi iscritti anche la possibilità di versare in più un contributo soggettivo facoltativo, oltre a quello obbligatorio.
Si tratta di una contribuzione volontaria ulteriore che incrementa il montante contributivo finale e, di conseguenza, aumenterà l’importo della pensione.
Questa integrazione varia dall’1% all'8,5% del reddito professionale netto dichiarato l’anno precedente, che si aggiunge al 14,5% previsto per tutti.
Tasso di sostituzione
I liberi professionisti che versano in casse private, come abbiamo appena visto, spesso possono optare per percentuali di contribuzione più o meno significative.
Bisogna sempre tenere presente che meno si versa più bassa sarà la propria pensione.
Con il sistema di calcolo contributivo, se un dipendente percepirà una pensione di circa la metà rispetto al suo ultimo stipendio, un lavoratore autonomo e un libero professionista potrà contare sul 30% o 40 % del suo ultimo reddito.
La previdenza complementare
Ecco perché lo Stato ci mette a disposizione il d.Lgs 252/2005 che regolamenta la previdenza complementare, cioè i fondi pensione.
Tali fondi si possono alimentare in due modi e quindi possono aggiungere altri due pilastri per sostenere la casetta della previdenza.
Il secondo pilastro
Il primo modo con cui si può alimentare il proprio fondo pensione è il TFR.
Questo pilastro, però, è riservato a chi lavora come dipendente.
I lavoratori autonomi e i liberi professionisti non hanno il TFR e non possono utilizzare il secondo pilastro nel proprio fondo pensione.
Il terzo pilastro
In questo caso parliamo di risparmio personale.
Noi di Ciao Elsa chiamiamo il terzo pilastro “aiutati che il ciel ti aiuta!!”. La definizione è ironica, ma siamo molto seri.
Infatti, se non cominciamo fin da giovani a costruire delle integrazioni alla nostra pensione, ci ritroveremo a dover contare su importi pensionistici esigui e non sufficienti.
Ovviamente, il terzo pilastro può essere costruito in molti modi e con molti tipi di investimento, non necessariamente un fondo pensione.
Si può risparmiare e investire per il proprio futuro usando PAC, ETF, libretti postali, Titoli di Stato, investimenti immobiliari ecc…
Il fondo pensione in questo caso, quindi, è una tra le varie possibilità, ma ha delle caratteristiche precise che lo differenziano rispetto agli altri tipi di investimento.
Regole dei fondi pensione
Prima di tutto i fondi pensione sono pensati per sostenerci in pensione, quindi sono strutturati per questo.
Vediamo insieme le regole dei fondi pensione.
1) I fondi pensione devono cercare di darti un rendimento che varierà in base agli anni di permanenza nel fondo e alla linea d’investimento che scegli. Ogni fondo pensione ha diverse linee d’investimento che puoi scegliere e modificare nel tempo.
2) Dai fondi pensione puoi prelevare soldi sotto forma di anticipazioni per tre motivi:
- Anticipazione per “Spese mediche” per te, il tuo coniuge o i tuoi figli. Puoi richiedere questa anticipazione sempre fino a un massimo del 75% di ciò che c’è nel tuo fondo nel momento in cui fai la richiesta.
- Anticipazione per “Acquisto o ristrutturazione della prima casa” tua o dei tuoi figli. Anche in questo caso puoi chiedere fino al 75% del tuo fondo ma dopo almeno 8 anni dal momento a cui hai aderito alla previdenza complementare.
- Anticipazione “Per qualunque motivo”, cioè senza specificare al fondo pensione la ragione della tua richiesta. Puoi richiederla dopo 8 anni dalla data di prima adesione e fino a un massimo del 30% del tuo fondo.
3) I fondi pensione subiscono diversi tipi di tassazione. La tassazione sulla plusvalenza è dovuta ogni anno, nella misura del 20% su azioni e obbligazioni e del 12,5% sui titoli di Stato e quando andrai in pensione e chiuderai il tuo fondo, lascerai allo Stato una tassazione sul montante da un minimo del 9% a un massimo del 15% calcolata in base al tempo, ovvero agli anni di permanenza nella previdenza complementare.
Se oggi apri il tuo primo fondo pensione e vai in pensione nei prossimi 15 anni la tua tassazione è la massima: il 15%.Per ogni anno di permanenza in più oltre al 15esimo, questa tassazione diminuisce dello 0,3% all’anno, diventando così il 14,7, il 14,4, il 14,1 e avanti così finché si blocca al minimo possibile che è il 9% se resti in previdenza complementare 35 anni o più.
Quindi il concetto è: più giovane sei nel momento in cui aderisci, meno pagherai di tasse alla fine e la tassazione che pagherai verrà calcolata sulla data di prima adesione, cioè il giorno in cui hai aderito al tuo primo fondo pensione.
4) Se oggi apri un fondo pensione e domani vuoi cambiarlo, nessun problema: dopo due anni puoi sempre trasferire un fondo in un altro mantenendo attiva la data di adesione al primo.
5) Se, invece, perdi il lavoro (nel tuo caso chiudi partita IVA o la tua attività) puoi riscattare il tuo fondo prima di arrivare in pensione, perdendo la data di adesione a quel fondo.
Perché lo Stato vuole una parte del tuo fondo pensione quando lo chiudi?
Deduzione Fiscale
Ciò che versi nel tuo fondo pensione ti consente di godere del beneficio fiscale della deduzione.
La deduzione è diversa dalla detrazione che è un recupero fiscale fisso, tipicamente il 19%.
La deduzione, invece, è quel meccanismo per cui lo Stato ti abbatte l’imponibile su cui paghi le tasse.
Gli scaglioni IRPEF?
IRPEF è l’acronimo di Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, nel gergo comune spesso le chiamiamo tasse anche se in realtà tecnicamente si tratta di imposte.
Si tratta di soldi che si pagano allo Stato per il “solo” fatto di avere un reddito e che servono a sostenere la spesa pubblica per strade, ospedali, scuole, ecc…
Quindi l’IRPEF è la voce che maggiormente trasforma il tuo reddito lordo nel tuo reddito netto.
Chiariamo anche che l’IRPEF si differenzia dai contributi, che sono invece soldi, sempre da sottrarsi al lordo, che vengono versati all’INPS o ad altre casse per la nostra pensione futura e concretamente per pagare le pensioni ai pensionati di oggi.
Vediamo come funziona il sistema degli scaglioni IRPEF.

Prendiamo un reddito dichiarato di 60.000 € e calcoliamo come si pagano le tasse:
- sui primi 28.000 € si paga il 23% (6.440 €)
- da 28.000 € a 50.000 € (sui successivi 22.000 €) il 35% (7.700 €)
- sugli ultimi 10.000 € il 43% e quindi ulteriori 4.300 €
6.440 € + 7.700 € + 4.300 € = 18.440 Euro
Se versi dei soldi nel tuo fondo pensione, lo Stato dice "Ottimo!” e abbatte il reddito su cui calcola l’IRPEF. Cioè fa finta che i soldi che hai versato nel tuo fondo pensione tu non li abbia guadagnati e quindi non ti chiede le tasse su quegli importi.
Esempi di deduzione

- Se dichiari 60.000 € e versi 1.000 € risparmierai 430 €, cioè il 43% di 1.000 €.
Se versi 3.000 € risparmi 1.290 €.
Se versi 5.000 €, puoi arrivare ad avere un risparmio fiscale fino a 2.150 €.
- Se invece di 60.000 €, hai un reddito di 50.000 €, allora risparmierai non più il 43% di tasse sugli importi che versi nel fondo pensione, ma il 35%, cioè lo scaglione IRPEF che corrisponde ai redditi percepiti tra 28.000 € e 50.000 €.
- E se dichiari 52.000 € e versi 5.000 € nel fondo pensione? Risparmierai il 43% sui primi 2.000 €, cioè 860 € e il 35% sugli altri 3.000 €, cioè 1.050 €.
Ecco perché lo Stato ti chiederà una tassazione sul versato nel tuo fondo quando lo chiuderai: perché ti agevola fiscalmente in corso d’opera.
Il limite di deducibilità annua
Ogni anno è possibile dedurre con il proprio fondo pensione fino a un massimo di 5.164,57 €. Sembra una cifra strana ma sono i vecchi 10 milioni di Lire convertiti in Euro.
Questo limite vale per singolo soggetto pagante, quindi anche se hai più di un fondo pensione non potrai dedurre più di questa cifra perché essa è legata alla tua persona e non al singolo fondo pensione.
Extra-deducibilità
C’è, però, la possibilità di alzare la soglia di deduzione annua oltre i 5.164 €.
Questa possibilità si chiama extra deducibilità, ma per ottenerla bisogna possedere certi requisiti.
A chi spetta
I requisiti per poter sfruttare l’extra-deducibilità sono due:
- Essere stati assunti per la prima volta dopo il 1° gennaio del 2007, e quindi a quella data non avere una posizione contributiva aperta presso un qualsiasi ente di previdenza obbligatoria;
- Nei primi 5 anni di adesione alla previdenza complementare, aver versato importi inferiori a 5.164,57 € o non aver versato affatto.
Come funziona
Se rientri nei requisiti che abbiamo appena descritto, sappi che, dalla sesta annualità di partecipazione al fondo pensione e per i successivi 20 anni ti sarà possibile recuperare il tetto massimo deducibile ordinario che non hai utilizzato nei primi 5 anni, fino a un ulteriore bonus annuo di massimo 2.582,29 €, per un valore massimo possibile che arriva a 7.746,86 € annui.
Esempio pratico
Se nei primi 5 anni hai versato un importo di 2.000 € all’anno, alla fine dei 5 anni avrai dedotto 10.000 € complessivi e ti ritroverai con 15.822,85 € di bonus deducibile addizionale, cioè quei 3.164,57 € all’anno che non hai sfruttato, ogni anno, per 5 anni.
Ecco allora che, a partire dal sesto anno, potrai aggiungere i 15.822,85 € alla deduzione ordinaria di 5.164 € all’anno.
In pratica potrai utilizzare i 15.822,85 € nei 20 anni successivi in dichiarazione dei redditi sfruttando questo nuovo tetto deducibile e, di conseguenza, risparmiando più tasse!
La deduzione, in generale, spetta a tutti coloro che pagano l’IRPEF, quindi i dipendenti, i soci amministratori di società e i titolari di partite IVA che operano in regime ordinario.
Modulo dei contributi non dedotti
Invece, se operi in regime forfettario la tua partita IVA è già agevolata fiscalmente e non paghi l’IRPEF, quindi non puoi portare in deduzione ciò che versi nel fondo pensione.
Ma se vuoi utilizzare lo stesso un fondo pensione, magari per bloccare la data di prima adesione, allora puoi compilare il Modulo dei contributi non dedotti.
In questo modulo tu dichiari al tuo fondo pensione che non hai dedotto gli importi versati l’anno precedente.
Questo comporta che, alla fine, non pagherai la tassazione dal 15% al 9% sugli importi non dedotti. E non pagherai nemmeno la tassazione fissa del 23% che è dovuta allo Stato in caso di riscatto del fondo pensione prima di essere arrivati alla pensione.
Lo Stato, cioè, ti dice: “caro lavoratore autonomo o libero professionista in regime forfettario, se non ti ho agevolato fiscalmente in corso d’opera, non vorrò le tue tasse alla fine”.
È sempre bene ricordarsi di presentare il modulo al proprio fondo pensione entro il 31/12 dell’anno successivo rispetto all’anno in cui sono stati versati i contributi in oggetto.
Perché si deve presentarlo al fondo pensione?
Semplice, perché sarà lo stesso fondo, al momento della chiusura, a fare da sostituto d’imposta e a versare per te le tue tasse allo Stato. Per questo è il fondo pensione che deve sapere cos’hai dedotto e cosa no.